domenica 13 luglio 2008
The Wolfman (1941)
Rick e alla sua finestra. lo vediamo di spalle, sul vetro del bicchiere che stringe sulle mani la luna piensa si riflette, lo zoom ci rivela la luna tonda , molto più grande di quello che è realmente.. come in ogni pellicola.... Rick continua a guardarla senza fare caso al fatto che è impossibile. Lon Chaney junior (l'uomo lupo) figlio di un altro grande attore Horror, Lon chaney ( il fantasma dell'opera) è un attore grosso e ben piazzato, dalla mascella squadrata... e questo ad hollywood in quegli anni significa una sola cosa.... Frankenstein!
Il povero attore salta infatti da un ruolo all'altro.. sempre prestando la faccia a colossi o impacciati zombi.. ma finalmente nel 1941 trova il ruolo che lo porterà alla ribalta..il peloso e ferino Larry Talbot, lupo mannaro...
il personaggio ebbe tanto successo che, come accade nei classici della universal, le major non si fecero molti problemi a riportarlo in vita più volte e senza dare troppe spiegazioni ...
la passione per il brivido in bianco e nero.. che ora vi fa storcere un po' il naso aveva invaso l'industria americana, centinaia di copie di film simili e mostri meno conosciuti uscirono fuori da ogni parte...
perfino lo stesso “The Wolf-Man” era tratto da un vecchio film di qualche anno prima passato inosservato, nel quale il lupo mannaro era più simile ad uno yeti che ad una fiera.. dopo il flop colossale il mostro ebbe un forte restyling e associandolo anche alla religione ebraica, come più volte ci ricorda la pellicola stessa ... ( forse per contrapporlo meglio a Dracula.. nemico della religione cristiana...) speravano di attrarre più pubblico... e così fu. Talbot in qualità di mortale maledetto, vittima della sua mostruosità e non complice, è il villain che per primo viene utilizzato come eroe, insomma se uno dei mostri presenti deve essere il prode.. sarà sicuramente il buon Larry .
Forse anche perchè era l'unico mostro ”americano” doveva essere anche a tratti buono...
“the wolf man” presenta dei dialoghi un pochino ingenui per i nostri tempi, nulla è lasciato al caso e tutti hanno la loro parte ben delineata, non è un punto a sfavore analizzando il contesto e il genere..
anche il continuo ripetere della famosa poesia... (almeno 4 volte) è un semplice rimarcare la storia , e per rendere chiaro che Talbot è solo una brava persona sfortunata anche per chi vede solo la fine del film..
il vero attore che fa da padrone in questa pellicola però è Claude Rains, attore di valore anche in film di Frank capra (Mister Smith va a Washington) ma la sua fama la deve soprattutto al magnifico film “l'uomo invisibile” altro mostro sacro della Universal... l'attore è ricordato per il suo coraggio ad interpretare un film nel quale compare solo per qualche secondo alla fine... pur essendo il protagonista...
altro attore di rilievo in “The Wolf-Man è Bela Lugosi, che interpreta il primo lupo mannaro.
Uno dei primi esempi di Cameo , perfino il nome del suo personaggio zingaresco è Bela... se non è autocitarsi questo..
famoso per il suo sguardo qui non manca di stupirci... Rick alza il martini come per brindare al giardino illuminato dal chiaro di luna.. una figura pelosa.. forse un animale, lo saluta... carrellata indietro... sfuma a nero
lunedì 26 maggio 2008
"Forbidden Planet" (1955)
Scivola via attraverso il bar, torna indietro, piano.
Prima ci mostra l'entrata, la grande porta bianca ad arco che i nazisti avevano bloccato.
Poi affianca il bancone nero, pieno di bicchieri colmi di storie finite.
Fino a Rick, curvo sul suo drink.
Vediamo che con l'indice muove l'alcool formando una piccola spirale dorata attorno all'oliva.
Lo beve tutto di un sorso, non strabuzza gli occhi, non tossisce.
Rick ha l'alcool nel sangue. E la carrellata termina.
“Non vedete che sto bevendo?” Rick è gentile.
“Andatevene.”Molto gentile.
Si alza.
“Volete fare la fine del Dottor Morbius?” indica la porta.
Il Dottor Morbius non è mai stato particolarmente furbo, certo è un genio. Ma ciò non significa che sia anche una persona scaltra.
Lui e il suo dannato “Pianeta proibito”, è stato girato nel 1955 ma lo ricordo ancora come se fosse ieri.
Leslie Nielsen sembra fuori luogo in quel ruolo, è strano vederlo come serioso capitano di navicella, è lui infatti a solcare gli spazi profondi alla ricerca di un equipaggio gemello scomparso venti anni prima.. una missione di salvataggio sul pianeta Altair IV per la precisione..
Ma all'atterragio trova solo un surpestite, il dottor Morbius, sua figlia nata sul pianeta e uno strano robot...Robbie.
Robbie, fatevelo dire.. durante i dieci anni successivi ho odiato quella dannata scatola di latta... è diventato il simbolo di tutti i robot cinematografici e modello per quelli futuri.. è comparso da “twilight zone” fino al tenente Colombo... era ovunque e sempre con quella dannata orecchia roteante.. gli incubi di quegli anni era saturi della sua voce metallica.
Chiunque abbia visto questa pellicola non può fare a meno di ricordare la scena portante dell'attacco del grande mostro invisibile, “comoda trovata farlo invisibile” hanno sicuramente pensato le menti più smaliziate, ma le menti più smaliziate sono anche rimaste a bocca aperta quando le armi elettriche dell'equipaggio ci svelano le fattezze dell'immonda bestia.. per pochi intensi secondi...
una sequenza straordinaria e al contempo molto furba, la creatura ricreata completamente dalla matita di Joshua Meador (si, quello della Walt Disney) balena alla nostra vista di colpo, ad intermittenza, rivelandoci le sue mostruose caratteristiche senza una nostra preparazione... noi, convinti di non vederla mai rimaniamo attoniti di fronte all'orrenda apparizione.
Non c'è che dire fantastico.
Gli effetti tipicamente del futuro anni 50 permeano ogni angolo della vicenda, è difficile per gli sguardi attuali essere convinti di vedere un futuro molto lontano, ma questo riguarda solo quelli senza immaginazione.
Ovviamente non manca anche la stupenda ragazza in abiti succinti, casualmente l'unica sul pianeta e sempre casualmente meravigliosa...
Che razza di fortuna quel capitano...
Rick lancia il bicchiere sul pavimento.
Dettaglio dei vetri infranti.
Sfuma a nero.
venerdì 25 aprile 2008
The Day the Earth Stood Still (1951)
Dettaglio della giacca bianca di Rick, l'inquadratura rimane fissa per qualche secondo.
Due colpi di pistola esplodono contro la giacca forandola, sangue grigio non fuori esce dalla ferita.
L'inquadratura si allarga vediamo Rick che si passa la mano rugosa sui due fori cercando di appiattire le pieghe che si sono create.
Poi guarda in camera.
“Non impareranno mai.”
Klaatuh era giunto sulla terra con intenti pacifici, il suo disco volante atterrato davanti alla casa bianca voleva trasmettere un messaggio di pace..
la sua stirpe era arrivata ad un modo di vivere quasi perfetto, quasi impareggiabile.
Un intero pianeta senza violenze, non solo senza guerre, ma anche senza odio è questa l'opportunità che Klaatuh offre ai terrestri.. la sua razza molto più evoluta della nostra infatti ha costruito una polizia robotica, alti androidi di metallo che distruggono le armi.
Gorth “L'uomo di ferro” è uno di questi, portato sulla terra come dimostrazione e guardia del corpo di Klatuuh.
Ma appena fuori dal suo Ufo.. l'alieno viene subito colpito dalla paura umana, un proiettile quasi lo uccide.
Klatuuh quasi morente riesce a prendere sembianze umane e a rimettersi.. ora è il signor Carpenter.
Riuscirà a farsi ascoltare dall'umanità? Noi riusciremo a mettere da parte le divergenze e a far entrare i capi delle nazioni tutti assieme in una stanza per ascoltare le parole di pace dell'alieno?
Questa pellicola è quasi il rappresentante del genere, è memorabile la silhouette di Gorth l'androide che lentamente e goffamente scende dalla pedana del disco volante, una vera opera d'arte, un patrimonio dell'umanità.
Quasi una scusa fantascientifica per appellarsi alla coscienza del genere umano accadrebbe lo stesso se la sceneggiatura diventasse realtà?
Nessuno può dirlo, ma comunque, io credo, che ci sarà sempre una donna ( o un uomo) abbastanza forte e di buon cuore da urlare le celebri parole “Klaatuh, Baradda , Nikto” al gigantesco colosso di ferro.
Forse è l'unico film del quale non mi sento di svelare chiaramente la trama, va ascoltato quasi “sentito” nella sua ingenuità.. e non sentito con le orecchie, non ascoltato.
Ma sentito.
Questo al di là dell'arte è più di un film, è una memoria del genere umano, e mi auguro che rimarrà nei tempi a venire , beh si... anche come monito e insegnamento.
Rick si volta di improvviso, non vediamo il perché.
Sfuma a nero.
martedì 11 marzo 2008
20 million Miles to Earth (1957)
La carrellata verso sinistra ci mostra il bancone del Rick's Cafè Americain, la Macchina da presa si sofferma su un drink appena versato, non vediamo chi lo prepara, solo le mani del giovane entrano nell'inquadratura, e solo le mani di Rick entrano nell'inquadratura per afferrare il bicchiere ormai pieno.
Breve panoramica verso l'alto, il drink rimane al centro dell'inquadratura e noi lo seguiamo fino al viso di Rick, che lo beve in un sorso.
Quando riappoggia il vetro vuoto e lindo sul bancone notiamo che sono comparsi un cappello da Cowboy e una pistola giocattolo.
Odio i Bambini.
E non credo che ne esista uno più odioso del ragazzino che ha scoperto l'uovo... si, il piccolo siciliano di “20 million miles to earth” quell'odioso petulante ragazzetto che voleva uno stupido cavallo come i “veri cowboy americani”.
Chissà che fine ha fatto.
Nella pellicola scompare a metà... prima sembra quasi il protagonista, poi arrivano i New yorkesi e subito scompare, il mio pianista lo chiamerebbe “un grosso buco di sceneggiatura”... ma io non sono il mio pianista.
“20 million miles to earth” narra la storia di un dimenticato, di uno straniero in terra straniera, un mostro.
Un mostro nemmeno tanto selvaggio e aggressivo, rapito e strappato al suo pianeta natale, portato su una astronave d'esplorazione e poi perduto su un pianeta a lui sconosciuto.. la terra, in Italia, in Sicilia.
Che fine ingloriosa.
Da subito le autorità italiane, del tutto incapaci di sostenere l'enorme quantità di danni e di terrore provocato dalla lucertola gigantesca e senza nome, decidono di contattare i loro “fratelli” americani che sentendosi in debito accorrono in fretta in loro aiuto.
La squadra è presto fatta, il finale è già ovvio e scontato... i rimandi ennesimi a King Kong sono troppi per riuscire a divincolarsi da una fine diversa da quella che tutti ci aspettiamo.
Ma la vera “chiccha” il vero miracolo per gli occhi, risiede in una striscia di pellicola lunga appena qualche metro.
Cioè verso il terminarsi della vicenda, quando il mostro ingigantito dall'atmosfera umana, spaventato e stanco scappa per le strade di Roma ( che per l'occasione sono identiche a quelle di una qualsiasi città americana, con auto americane e cittadini americani) seminando distruzione e l'unico modo per riuscire a fermarlo sembra quello di liberare un grande pachiderma dallo Zoo cittadino sperando che riesca a sconfiggere il rettile alieno in una battaglia a corpo a corpo.
Che scena fantastica! In quel momento tutti si gli spettatori sono sentiti piccoli ragazzini fanatici di cow boy e indiani, ci scommetto il cappelo.
Harryhausen muove l'elefante e l'alieno avvolgendoli in un ballo mortale attraverso le strade italiane, macchie distrutte e gente spaventata urlante. I due colossi che ingaggiano una battaglia all'ultimo sangue e senza esclusioni di colpi, corta, un po' a scatti.. ma assolutamente sopraffina e d'avanguardia.
Questa “semplice” scena rappresenta l'apice di tutta la carriera di Ray.
Wow, mi ricordo quando da bamboccio, (si anche io sono stato bamboccio) giocavo con il mio dinosauro e il mio elefante di plastica facendo finta di fargli distruggere una Roma immaginaria.
Quali lotte straordinarie sul mio tappeto.
Rick si riprende smuovendo le spalle come scosso da un brivido.
Primo piano.
Rick guarda fisso in camera, leggera carrellata in avanti.
Beve un sorso dal bicchiere, svuotandolo.
Odio i bambini.
domenica 10 febbraio 2008
It Came from Beneath the Sea (1955)
Dettaglio delle dita di Sam che premono i tasti del pianoforte.
L'inquadratura si allarga fino ad un mezzobusto.
Sam, il pianista come al solito da il meglio di se dietro l'avorio.
Rick ascolta la sua canzone preferita “mentre il tempo passa” davanti al suo prezioso acquario.
soggettiva di un pesce.
Il volto di rick è deformato dai movimenti dell'acqua e dal vetro.
Un piccolo tentacolo accarezza il vetro grigio, un polipo da sei tentacoli nuota allegramente come se non avesse appena distrutto un ponte.
Piccoli pezzi di cemento armato cadano sul fondo della vasca, assieme a minuscole automobili.
È strano pensare che al cinema tutto apparirà grande e maestoso, una catastrofe inimmaginabile.
Ogni ragazzo del 1955 porterà al cinema la sua fidanzata aspettando che si stringa attorno alle sue braccia quando vedrà il gigantesco mostro afferrare la strada di cemento e stritolarla con i suoi poderosi tentacoli.
“It Came from Beneath the Sea” è un monumento alla stupidità umana.
Per colpa dell'ingordigia della gente e del loro abuso della scienza e degli sviluppi sulla radioattività una piovra è divenuta gigantesca e ora minaccia il mondo, seminando terrore e distruzione..
la trama è semplice e non basta una piccola love story parallela a rialzare i toni.
Fortuna per Harryhausen.
Ray l'infaticabile, ha dato lustro ad un altra pellicola con i suoi lavori, in “Il Mostro dei mari” ha dato vita ad una lotta sanguinosa fra la marina militare statunitense e un gigantesco mostro degli abissi, sempre sfoderando la sua tecnica a passo uno.
Questa volta gli attori erano così pessimi e il budget così basso da costringerlo a “tagliare” due tentacoli alla piovra per non sforare con la produzione.
La scusa ufficiale con gli spettatori sparsa dagli addetti ai lavori è stata: “gli altri tentacoli stanno sott'acqua” .
Questo banale e rovinoso tentativo di salvarsi la faccia non è riuscito comunque a offuscare il talento di Harryhausen vero e proprio protagonista di questa pellicola (ruolo assunto in gran parte dei film nei quali ha lavorato)
oltre a mille cliché apprezzabili per gli appassionati di genere, il film presenta gli spunti soliti nel tema “uomo\natura” ma non li approfondisce per nulla , cercando invece di suscitare nello spettatore solo il terrore dato da una minaccia tanto enorme.
Rick guarda fisso in camera giocherellando con la sua penna d'oro.
Questo non è un ristorante francese, non serviamo pesce.
E ora fuori di qui.
martedì 29 gennaio 2008
King Kong (1933)
Il carrello avanza.
Rick è davanti ad una grande finestra dall'anima in ferro, un po' come la sua.
Lo vediamo di spalle nel suo smoking bianco mentre Proiettori cinematografici simulano i fasci di luce di un vecchio faro, che attraversano il vetro e cadono a terra ai suoi piedi. Un effetto sonoro uguale ad un ruggito animalesco attira l'attenzione di rick, un grande occhio nero non molto espressivo si ferma davanti alla finestra occupandola interamente, un mostro gigante fatto di plastilina e fil di ferro fissa dentro al bar.. è un gorilla enorme.
Rick non è spaventato, non si spaventa mai lui. anche perché sa che si tratta di un effetto speciale messo assieme con duecento dollari.e alto quarantacinque centimetri.
Ogni grande appassionato di cinema ha avuto una folgorazione ad un certo punto nella sua vita, una pellicola che lo ha indirizzato sulla strada giusta (ad esempio per me è stata Allegro non troppo) e per Ray invece è stata King Kong, film simbolo della nascita di Hollywood.
E' il 2 marzo è la prima mondiale di Kong, numerose scene sono state già tagliate e rimontate per andare incontro alla censura, la sequenza degli insetti giganti ad esempio e successivamente anche quella famosa “del dito” nella quale il gorillone tira le vesti di Ann (considerata troppo spinta e immorale).. beh dicevamo, è il 2 marzo e Ray Harryaseun è alla prima di Kong, con i suoi occhi di ragazzo si innamora di quel mostro tanto sofferente e dal triste destino
Infatti dopo ben quaranta minuti di film il protagonista fa la sua comparsa sbucando dalle alte fronde degli alberi ed ecco l'urlo di Ann Darrow (Fay Wray ) che ci riempie i padiglioni auricolari, da li e per tutto il resto del film.
Kong mirabilmente animato da Willis O'Brien's riesce ad essere convincente e espressivo allo stesso tempo, il lavoro di questo grande animatore influenzò profondamente il futuro e la vita di Harryhausen.
La storia della pellicola la conosciamo tutti, una moderna “La bella e la bestia” sullo sfondo della giungla e di New York.
Ma assieme “all'ottava meraviglia del mondo” (così King Kong viene appellato ) e alla sua bella Ann, nel film troviamo anche altri valenti protagonisti nati da una sceneggiatura perfetta.
Jonh Driscoll (Robert Armstrong) il prode eroe e amato della Bella e Carl Denham (Bruce Cabot) forse uno dei migliori Character della storia del cinema, il regista che a tutti i costi vuole riprendere Kong, coraggioso e testardo vero “simbolo” della hollywood degli anni 30, un era nella quale l'industria cinematografica era già ben avviata.
Edgar Wallace (autore di libri gialli) e mente partoriente del racconto che ispirò il film non sapeva di dare vita ad una storia che potesse permeare così tanto l'immaginario collettivo, scene tanto famose da essere conosciute da chiunque, anche dalla gente fuori da questo bar..
La sequenza monumentale sull'empire state building lascia ancora oggi gli spettatori senza fiato.
Questa pellicola non è solo un patrimonio della nostra immaginazione di massa ma ancora oggi può essere il motore immobile per molti appassionati di cinema.
Questo è uno dei più grandi poteri che un opera d'arte può possedere, la capacità di ispirare gli altri.
Rick si allontana dalla finestra, lo vediamo mentre con la bocca crea anelli di fumo, è pensieroso.
Si avvicina al bar, la macchina da presa mantiene un mezzo busto.
Rick ordina un altro Martini.....
e una banana split.
domenica 27 gennaio 2008
Rick fa scivolare un mazzo di carte sul tavolo, lo apre come se fosse una coda di pavone e ne estrae un asso di cuori.
Lo guarda, l'inquadratura passa in primissimo piano.
Dettaglio della carta e poi di nuovo primo piano di Rick.
Il retro della carta da gioco è rosso, ma nessuno lo saprà mai...nel mondo di Rick tutto è grigio, magari tanti grigi... ma è sempre quel colore di fumo avvilente che ti rimane dentro.
Uno strano uomo in smoking nero si siede davanti a Rick, non lo vediamo in volto è oscurato da una zona d'ombra ritagliata dal direttore della fotografia.
È il 1956 quando Fred Sears dirige un film che incarna le paure della popolazione americana degli anni sessanta.
Racconta la storia di uno scienziato e consorte che per la prima volta vengono a contatto con una razza aliena in cerca di un nuovo pianeta e della battaglia per fermare la minaccia dei nuovi invasori spaziali.
“Earth Versus the Flying Dancers” è un film che giudicato con gli occhi di quest'epoca risulta incredibilmente ingenuo e guerrafondaio, basti pensare che al primo contatto con gli alieni l'esercito gli svuota caricatori addosso sulla fiducia, senza sapere niente a proposito.
Lo sceneggiatore però crede di riscattarsi moralmente rendendoli malvagi e conquistatori (idea molto comune in quegli anni) come da manuale il punto di vista degli invasori è del tutto ignorato e ridotto al minimo, i protagonisti sono gli eroi e non sono buoni e di sani principi.
Questa pellicola non è particolarmente interessante per la trama o i temi trattati, ma comunque riesce a scavarsi una nicchia fra i film di culto soprattuto grazie a Ray Harryhausen.
Ray è stato molte volte nel mio bar, beve Rhum come se fosse acqua ma ha la fantasia di un bambino. È un maestro degli effetti speciali e ella tecnica a Passo uno, un arte da tempo dimenticata.
La stop motion legata alle immagini live in action è sempre stata una sfida per Ray creare una reazione credibili nei suoi mostri e nelle sue navicelle spaziali, reazioni non solo fine a se stesse ma che dovevano interagire e modificare anche la scenografia reale.
Scene ricostruite in intere settimane ci passano davanti in pochi secondi, ad esempio la distruzione degli edifici non è fatta con modellini e petardi, ogni più piccolo detrito che cade al suolo è legato ad un filo invisibile che viene lentamente lasciato allungare e ripreso a passo uno.
Un vero capolavoro di Pazienza e fisica realistica.
Il lavoro di Ray ha reso famosi film che altrimenti non sarebbero mai riusciti a ritagliarsi uno spazio nei ricordi degli amanti del cinema... e ora eccolo qui nel mio bar, mi dispiace avervelo presentato con una pellicola che non fa risaltare appieno il suo lavoro ma un giorno approfondiremo.
Il suo conto al bar non è ancora scoperto...